Nel suo intervento alla Maratona sul Bullismo, la psicologa Dott.ssa Elisa Caponetti, membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sul Bullismo e sul Disagio Giovanile, ha presentato in anteprima i dati del Primo Rapporto Nazionale sul Bullismo e il Disagio Giovanile, frutto di un’indagine su oltre 11.300 studenti tra i 10 e i 19 anni.
“I dati che vediamo oggi rappresentano solo la punta dell’iceberg. Il sommerso è molto più esteso. Il bullismo è spesso taciuto, non riconosciuto e persino normalizzato da chi lo subisce”, ha dichiarato la Dott.ssa Caponetti.
La ricerca, strutturata in quattro moduli, ha approfondito i seguenti temi:
- Il rapporto dei giovani con il web, i social e l’identità digitale.
- Il bullismo e il cyberbullismo.
- Il disagio giovanile: solitudine, isolamento, relazioni familiari e sociali.
- La visione del futuro, la scuola, le abitudini e il rapporto con le campagne di sensibilizzazione.
Nel focus dedicato a bullismo e cyberbullismo, i risultati sono allarmanti:
- Il 34% degli studenti dichiara di aver subito episodi di bullismo, anche se solo occasionalmente.
- Il 47% ammette di aver assistito ad atti di bullismo, con 267 ragazzi che riferiscono di vederli ogni giorno.
“È un dato gravissimo, soprattutto se consideriamo che molte vittime non hanno consapevolezza di essere tali. Non sanno che certi comportamenti costituiscono reato. Non chiedono aiuto perché credono che sia normale”, ha spiegato la Dott.ssa Caponetti.
Ma da psicologa ha anche voluto sottolineare un punto spesso trascurato: “Il bullismo non colpisce solo la vittima. Ha effetti profondi anche su chi lo agisce – i bulli – e sui testimoni silenziosi che assistono senza intervenire, o addirittura filmano e condividono”.
Per la Dott.ssa Caponetti, è essenziale lavorare sulla consapevolezza, sulla cultura della legalità e sulla costruzione di relazioni sane, partendo da un’educazione che valorizzi ogni dimensione della persona.
“Fenomeni come baby gang, autolesionismo, isolamento e aggressività sono segnali che non possiamo più ignorare. Queste ricerche servono per costruire interventi concreti e mirati, dove il benessere psicologico dei giovani sia davvero al centro”, ha concluso.