Durante la Maratona sul Bullismo, il Vicepresidente della Camera Giorgio Mulè ha scelto di intervenire con un discorso lucido, diretto e profondo, mettendo in guardia su una drammatica sottovalutazione del fenomeno: “Il 31% dei ragazzi intervistati ha dichiarato di aver subito atti di bullismo. Parliamo di una piaga che ha assunto dimensioni pandemiche”.
Il Vicepresidente della Camera ha evidenziato come il bullismo sia spesso considerato un problema episodico, legato a gesti ripetuti. Al contrario, “basta una sola offesa, una sola foto, un solo commento per lasciare ferite durature”. La sua analisi ha messo in luce un cambiamento profondo: il bullismo non è più solo fisico, ma si è trasformato in un’aggressione invisibile, pervasiva, che trova terreno fertile nella solitudine e nell’identità digitale: “Non sei ciò che sei, ma ciò che appari. E spesso ciò che mostri non sei tu.”
Un passaggio centrale è stato dedicato alla perdita di spazi comuni e aggregativi: “Quando eravamo ragazzi, l’oratorio, i Grest, lo sport creavano comunità. Oggi mancano palestre, mense, spazi di incontro. Senza quei luoghi, i giovani si isolano e il disagio cresce.”
Mulè ha poi tracciato un forte legame tra educazione alimentare, povertà educativa e bullismo: “Anche un bambino con diabete, che porta un sensore, può diventare vittima di bullismo. Serve un’educazione integrata, che includa movimento, alimentazione e socialità.”
L’intervento si è chiuso con un forte appello alla responsabilità collettiva: “Non basta riscrivere il Codice penale. Serve una call to action corale: scuola, politica, aziende, parrocchie, sport, terzo settore. Serve un piano con una timeline, risorse e obiettivi chiari. Il bullismo non si combatte con le dichiarazioni, ma con infrastrutture, educazione e relazioni vere.”
Un grido d’allarme, ma anche un invito alla costruzione. Perché “i nostri ragazzi si stanno perdendo la bellezza di vivere il loro tempo. E questa è la nostra sconfitta più grande.”