Alla Maratona sul Bullismo, la Senatrice Giusy Versace ha offerto un intervento personale, toccante e lucido. Da atleta paralimpica e parlamentare, ha parlato con doppia consapevolezza: quella di chi ha vissuto il dolore sulla propria pelle e quella di chi ogni giorno lavora per migliorare le condizioni sociali ed educative dei giovani.
“Il bullo c’è sempre stato, ma oggi i fenomeni sono degenerati. Non parliamo più solo di prese in giro: parliamo di coltelli, aggressioni, violenza, anche per un like” – ha detto, evidenziando come la soglia della brutalità si sia abbassata e la normalizzazione del bullismo sia diventata un problema sistemico.
La senatrice ha insistito sulla necessità di ricostruire il patto educativo tra scuola e famiglia, ormai logorato: “Non possiamo delegare tutto alla scuola, e nemmeno solo alla famiglia. Le famiglie di oggi sono fragili, sole, disorientate.”
Un punto centrale del suo intervento è stato il ruolo dello sport:
“Lo sport insegna il rispetto, la sconfitta, la pianificazione. Ti insegna che l’avversario non è un nemico, ma qualcuno da affrontare ad armi pari.”
La sua esperienza personale – “ho perso le gambe, ma non ho perso la voglia di vivere” – è diventata il simbolo di un approccio formativo alla vita: uno sguardo realistico, ma pieno di determinazione.
Ha sottolineato con forza come l’esempio sia uno strumento potente, soprattutto con i giovani.
“Se una sola ragazza, dopo avermi ascoltata, sceglie di non farsi del male, allora ha avuto senso esserci. La vita non è perfetta, ma può essere bellissima.”
Versace ha denunciato la solitudine come principale detonatore del disagio e, di conseguenza, del bullismo. “Non tutti ce la fanno da soli. Io ho avuto accanto persone che hanno creduto in me. È nostro dovere esserci, tendere la mano, porgere un orecchio, dire davvero: come stai?”
Dal punto di vista istituzionale, ha ricordato il lavoro della Commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza, le indagini conoscitive con le forze dell’ordine e l’importanza di diffondere i dati emersi dall’Osservatorio: “I ragazzi spesso non riconoscono il bullismo. A volte lo giustificano. Dobbiamo educare al rispetto, all’ascolto, alla gentilezza, anche e soprattutto attraverso lo sport.”
Un intervento denso di umanità, che ha ricordato a tutti i presenti – istituzioni, educatori, genitori e giovani – che la vera forza non è nei numeri o nelle leggi, ma nella capacità di vedere l’altro e non lasciarlo solo.